mercoledì 18 luglio 2012

LA QUESTIONE GIOVANILE CHE METTE IN DISCUSSIONE IL SISTEMA DI RAPPRESENTANZA POLITICA

Nel nostro Paese la questione giovanile sta assumendo sempre di più i connotati della drammaticità. L’aggettivo non è legato ai nefasti indici statistici sull’occupazione, che richiamano piuttosto il fallimento di un modello scolastico ed in generale educativo e culturale, ma quanto alla condizione sociale che i nostri giovani d’oggi sono chiamati a vivere e delle opportunità di emancipazione, condizione minima ed essenziale, per il compimento della loro dignità di giovani individui. A dicembre del 2010, uno studio del Censis, condotto sulla nostra società, concludeva che gli italiani stavano smettendo di desiderare. E’ un dato di fatto che non è cambiato molto negli ultimi diciotto mesi. E rapportato ai giovani, al carico di energia vitale di cui sono portatori per natura generazionale, il giudizio del Censis si traduce in causa, che sta rubando i sogni, il futuro e la speranza alla fascia sociale più dinamica del Paese. Se non si investe innanzitutto sui giovani, l’Italia non avrà futuro. Hai voglia a mettere a posto i conti pubblici. Il rischio vero che stiamo correndo è di pagare enormi sacrifici per niente, per un futuro che non ci apparterrà. Le nuove generazioni sono la dinamo del Paese. Lo scollamento che viene registrato tra i partiti e la società civile riguarda innanzitutto l’incapacità della politica di rappresentare questa dinamicità, e di conseguenza la questione giovanile per quella che è realmente, con tutto il carico di intensità ed energia che necessita. Ci sono aspetti d’iniquità che vengono registrati in ambiti nemmeno tanto nascosti, addirittura manifestati e vantati con assurda sfacciataggine. Quando ad esempio si sente parlare dei “diritti acquisiti”, soprattutto in ambito sindacale, è un lessico che non appartiene al mondo giovanile, che i diritti se li vogliono conquistare e non ereditare. La sensazione più ricorrente nel sentir esporre ai giovani le propria questione in relazione alla politica è la rassegnazione. I giovani non hanno interlocutori ed il sistema dei partiti non sembra in grado di raccoglierne le profonde istanze e ancora meno interpretarne i bisogni. Per quanto possa essere chiaro che Beppe Grillo ha scelto un linguaggio demagogico e populista per sfondare nella sfida del consenso politico, alla fine bisogna dargli atto che alle ultime elezioni amministrative ha presentato giovani credibili ed impegnati nella società civile. E questa scelta, come quella fatta per i candidati di Genova, Parma o Mira, ha pagato più di tutti i temi toccati nei discorsi che il comico ha fatto in campagna elettorale contro Equitalia, la moneta unica ed il governo Monti messi insieme. Di contro a Palermo, per bloccare l’ascesa di un giovane, hanno fatto tornare lo Yeti. Il vecchio sindaco, già deputato e leader dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando, contravvenendo alle regole del centrosinistra che aveva scelto con le primarie un giovanissimo candidato di coalizione per guidare la giunta del capoluogo siciliano, si è autoimposto ed ha stracciato l’entusiasmo e le speranze di Fabrizio Ferrandelli, reo di “non rispondere” direttamente e con la dovuta puntualità allo Yeti stesso. Il fenomeno Grillo andrebbe studiato non per le capacità comunicative del navigato comico di cabarèt, ma quanto per la straordinaria mobilitazione di giovani ragazzi e ragazze che hanno trovato il gusto della politica, nel dialogo porta a porta con la gente (alternativo a quello passivo della televisione) e nel raccogliere molto concretamente le proteste e le delusioni che solcano la nostra società. Di fronte alla questione giovanile gli attuali partiti rischiano di essere travolti e spazzati via. La sensazione è che l’attuale classe politica abbia perso la capacità di dare spazio ad un dialogo effettivo e concreto con il mondo giovanile, facendo chiarezza tra nichilismo demenziale che proclama a parole la dissoluzione del vecchio mondo e la necessità di approfondire ed analizzare insieme alle giovani generazioni le ragioni di una crisi che sta investendo tutta la società. Mentre oggi i giovani vengono fortemente criticati dagli adulti, soprattutto dai più anziani, apparentemente per cose futili ed infantili, ma concretamente per la paura di dover mettere in discussione ruoli che continuano a perpetrare forme di dominio sui grandi partiti della nostra società.