sabato 6 novembre 2010

Federalismo amministrativo e Federalismo fiscale

La semplificazione, per una compiuta sussidiarietà

Il documento presetato in conferenza programmatica del Pdl senese

Sono trent'anni che si parla di semplificazione amministrativa; e nonostante sia trascorso così tanto tempo, durante il quale vi sono state anche leggi importanti, le nostre Amministrazioni pubbliche non si possono definire ancora omogeneamente semplificate.
Ciò perché il quadro delle amministrazioni pubbliche attualmente definito non è facilmente modificabile. Neanche con una condizione come quella attuale, caratterizzata dalla presenza al governo di una leadership politica fortemente stimolata a raggiungere l'obiettivo di agevolare i cittadini nel rapporto con la burocrazia, con iniziative politiche largamente protese alla ricerca della semplificazione amministrativa. Vale evidenziare che storicamente la semplificazione rappresenta la cartina di tornasole per definire certezza del diritto, sviluppo economico e competitività del sistema paese.
Sono diverse le cause che impediscono una piena riforma indirizzata alla semplificazione delle nostre amministrazioni pubbliche. Innanzitutto quegli atteggiamenti culturali di avversione ad ogni proposta di riforma, che hanno natura prevalentemente strumentale, dei soggetti chiamati a mettere in atto modelli di organizzazione agevolativi. Si pensi alle resistenze di coloro che all’interno, ma anche all’esterno delle amministrazioni pubbliche, godono di una rendita derivante proprio dall’inefficienza burocratica. Quindi ogni volta che vi è in campo una riforma, che viene lanciata una sfida di semplificazione, ci sono controspinte non bilanciate dall’azione dei beneficiari degli interventi programmati. Ciò perché il beneficio, il vantaggio, che potenzialmente produrrebbe la semplificazione, è spesso diffuso a più categorie di destinatari, o è scarsamente percepibile all’utenza, oppure ancora non è immediatamente godibile.
Un secondo ordine di motivi di impedimento ad una piena riforma di semplificazione amministrativa sta nella struttura stessa della macchina amministrativa pubblica, frammentata in una moltitudine di procedimenti e di adempimenti, spesso regolati da una pluralità di norme. A fronte di questa situazione, le novità che vengono introdotte rischiano la dispersione, o peggio ancora l’anonimato.
Di contro quando vengono introdotte delle modifiche mirate ai singoli procedimenti, accade spesso che le novità sono così specifiche e particolari che sembrano marginali o troppo complesse per essere pienamente percepite.
Per questo, ad esempio, le semplificazioni che sono state introdotte attraverso istituti come il silenzio assenso, la conferenza dei servizi o gli sportelli unici non sembra abbiano pienamente raggiunto l’effetto sperato, cioè di diminuire i tempi di attesa dei cittadini al fine di attenuare loro il carico degli oneri burocratici. Questo è accaduto perché il termine procedimentale, introdotto per molte amministrazioni, alla fine rappresenta un semplice monito, che non serve quando esse risultano virtuose e che non è temuto negli gli altri casi. La prova di questo è che i regolamenti, che determinano questi termini, nella maggioranza delle amministrazioni non sono stati adottati o non sono stati aggiornati o peggio ancora in alcuni casi non vengono rispettati.
Questo stato di cose ha come effetto quello di vanificare ogni sforzo profuso dal legislatore per rendere più cogenti gli standard qualitativi dei procedimenti amministrativi.
Ma nonostante le resistenze l’interesse per la riforma delle amministrazioni pubbliche oggi è ancora molto sentito. Perciò il tema della riorganizzazione del sistema amministrativo e della trasformazione dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini ha una forte valenza ed una legittima connotazione politica.
In quest’ottica l’indirizzo da seguire è che l’autoreferenzialità della burocrazia deve essere smontata. Contrapponendogli la pretesa che l’organizzazione pubblica sia pienamente al servizio degli amministrati. Che l’erogazione dei servizi sia ordinata su canoni di efficienza e soprattutto economicamente competitiva. L’organizzazione complessiva deve essere connotata nel segno del buon funzionamento. Da questo la forte richiesta di regole che siano flessibili quanto all’organizzazione dei servizi e certe e chiare quanto ai rapporti tra cittadino e amministrazione. Perché la burocrazia sia flessibilità e i procedimenti semplificati.
Nella giuspubblicistica il tema della semplificazione portata a sistema favorisce pienamente il federalismo amministrativo, cioè il trasferimento delle funzioni dal centro alla periferia. Ed è proprio in periferia che deve avvenire quel necessario processo di modernizzazione del sistema burocratico e produttivo. Laddove, a livello di governo locale, le amministrazioni svolgono anche il ruolo di front office nei confronti dei destinatari dei procedimenti amministrativi, nell’ambito degli interventi di semplificazione determinati e voluti dall’amministrazione centrale. Insomma, il livello periferico è rilevante, allorquando le soggettività di pubblico che incrocia la burocrazia sono complesse.
E non sono tollerabili inefficienze quali la duplicazione di funzioni, la confusione di competenze e la deresponsabilizzazione dei funzionari delle amministrazioni pubbliche. Non è accettabile che la politica locale si possa servire in modo strumentale della burocrazia, per legittimare scelte e produrre autoreferenzialità finalizzata esclusivamente alla costante ricerca di consenso elettorale. Anche al costo di richiedere ai cittadini adempimenti procedurali eccessivi e talvolta addirittura anacronistici.
Fino ad oggi questo quadro, per quanto percettibile, non era definitivamente chiaro. Ma con l’attuazione del federalismo fiscale, la cui attuazione è bene dire sta andando avanti nel rispetto del principio di sussidiarietà, che poi sta alla base anche del federalismo amministrativo, le contraddizioni e le giustificazioni ad esse opposte nelle funzioni delle amministrazioni periferiche, non potranno più reggere il confronto. Il federalismo amministrativo aveva ampliato molto le funzioni delle amministrazioni locali, senza che alle stesse venisse attribuita fiscalità propria. Così, mentre il potere di spesa era distribuito a metà tra Stato da un lato e amministrazioni locali dall’altro, questi ultimi avevano entrate fiscali inferiori al diciotto percento, e ricevevano il resto con i trasferimenti dal centro. Il tutto era peggiorato dal criterio della spesa storica con i trasferimenti attuati dallo Stato in base ai livelli di spesa dell’anno precedente. In tale contesto le amministrazioni locali non si preoccupavano di rispettare alcun principio di buona economia, quali di efficienza e di responsabilità di entrata e di spesa.
Con il federalismo fiscale a regime verranno in evidenza le caratteristiche proprie delle amministrazioni locali. I principi che hanno ispirato le forme organizzative, le regolazioni, i rapporti con il pubblico e le ragioni di spesa.
Aumenterà la responsabilità delle amministrazioni locali e di conseguenza il peso della società civile, la quale trovandosi di fronte ad una maggiore capacità di organizzare risorse per rispondere ai bisogni propri, diverrà meno colonizzabile. Anche in considerazione della progressiva riduzione di offerta clientelare indispensabile alla fidelizzazione del consenso elettorale.
Il federalismo fiscale materializza il principio di sussidiarietà che acquista tutto il suo spessore nell’aspetto finanziario dell’allocazione delle funzioni, allorquando la ripartizione delle competenze sarà sempre subordinata al finanziamento delle stesse.
Si noti che il principio di sussidiarietà non fa sorgere pretese, né di ordine positivo (quali ad es. il diritto a prestazioni), né di ordine negativo (diritto al non intervento) in quanto contiene una proposta ed insieme un paradigma, quello cioè di un diverso atteggiarsi dell’uomo e dello Stato. Non l’asservimento dell’uno nei confronti dell’altro, ma, semmai, un rapporto di tipo paritario, sussidiario per l’appunto, di aiuto e collaborazione e non di assorbimento.
Il federalismo fiscale darà impulso alle semplificazioni e prenderà sempre più forma il potere di autonomia delle amministrazioni periferiche. Anche per l’effetto del federalismo amministrativo che troverà maggiore compimento. Lo scenario pubblicistico di riferimento della politica locale cambierà completamente.
L’affermazione della sussidiarietà darà luogo a diritti sciolti, soggettivi, appartenenti al singolo ex artt. 2-3-31-53 Costituzione. Così ad esempio nell’ambito della potestà fiscale e del superamento dell’impostazione statalistica del rapporto tributario, le amministrazioni saranno chiamate a predisporre meccanismi di detassazione. E spetterà alla politica predisporre modalità attuative, previsioni di agevolazioni fiscali quali ad esempio per le famiglie con figli a carico, a favore di invalidi ed anziani.
Poi vi potranno essere misure di fiscalità locale caratterizzabili come dispositivi di sussidiarietà. Ad esempio la contribuzione etica, che è quel meccanismo dove più dai e meno versi. La destinazione dell’otto per mille al no profit e alla ricerca scientifica, strutturano infatti un rapporto tra lo Stato ed i cittadini di tipo nuovo, rimandando al contribuente la capacità decisionale insieme alla responsabilità per le scelte compiute: in questo disegno si riscontra quella partecipazione al bene comune attraverso la definizione in comune del bene, che costituisce il nucleo di qualsiasi rapporto giuridico improntato al modello sussidiarietà/autonomia.

Fabrizio Camastra