martedì 17 agosto 2010

ADDIO FRANCESCO


LA BIOGRAFIA

da Repubblica.it

ROMA - Nessun altro protagonista, nella storia della Repubblica, ha avuto tante vite istituzionali quanto Francesco Cossiga. Non si può capire altrimenti come la sinistra italiana lo abbia accusato di tutto ai tempi del sequestro Moro, quando era ministro dell'Interno, lo abbia poi sostenuto e votato come presidente della Repubblica e ne abbia, pochi anni dopo, chiesto la messa in stato d'accusa per la vicenda Gladio.
Nella storia che cambiava e ogni tanto presentava il conto, Cossiga è rimasto elasticamente fedele a una sua idea della politica e del mondo, rapportando le proprie scelte ai cambiamenti della sua epoca finché questa, crollato il Muro di Berlino, non si è conclusa. L'esempio più chiaro è forse il sostegno accordato al governo D'Alema, che sanciva, come egli stesso spiegò espressamente, la fine della "conventio ad escludendum" verso i comunisti italiani, ormai inutile alla luce degli eventi.
In maniera più superficiale, il grande cambiamento di Cossiga è sempre stato individuato nel corso del suo settennato al Quirinale, quando il riserbo tutto sardo che lo aveva accomunato al cugino Enrico Berlinguer, lasciò il posto all'improvvisa vena "esternativa" che lo trasformò nel Picconatore. Nato a Sassari il 26 luglio del 1928 (ma di sempre rivendicate origini pastorali di Chiaramonti), Cossiga è stato il più giovane ministro degli Interni, il più giovane presidente del Senato e il più giovane capo dello Stato nella storia della Repubblica.
La sua attività politica è iniziata a 17 anni quando si iscrisse alla Democrazia cristiana e proseguì, passando per la Fuci, fino alla battaglia dei "giovani turchi" contro la vecchia classe dirigente dc in Sardegna, che lo portò, alla fine degli Anni Cinquanta, alla Camera dei deputati. Nel 1966 divenne sottosegretario alla Difesa nel terzo governo Moro, consolidando nel tempo sia la conoscenza sua delle segrete cose e dei meccanismi dello Stato, sia l'immagine di servitore riservato e fedele del partito di governo e delle sue alleanze.
Il 12 febbraio del 1976, a 48 anni, iniziò al Viminale l'esperienza che, come raccontò in seguito, gli cambiò la vita. Nel paese in ebollizione, con i manifestanti uccisi per le strade militarizzate del '77 (Francesco Lorusso prima, Giorgiana Masi poi), il suo nome scritto con la K dilagò sui muri delle città, mentre l'offensiva brigatista raggiungeva il culmine e i membri della P2 invadevano posti chiave dello Stato, inclusi quelli alle sue dirette dipendenze. L'avventura da "giovane" ministro degli Interni si concluse con le dimissioni, presentate dopo l'uccisione di Aldo Moro da parte delle Br: "Se ho i capelli bianchi e le macchie sulla pelle - disse in un'intervista - è per questo. Perché mentre lasciavamo uccidere Moro, me ne rendevo conto. Perché la nostra sofferenza era in sintonia con quella di Moro".
Un anno dopo divenne presidente del Consiglio ed anche questa esperienza, attraversata dalle stragi e dai misteri di Ustica e Bologna, si concluse traumaticamente, dal punto di vista politico, per un altro frutto velenoso degli Anni di piombo. Il Pci ne chiese l'incriminazione davanti al Parlamento, accusandolo di aver favorito la fuga all'estero di Marco Donat Cattin, comunicando a suo padre Carlo, collega di partito e di governo, l'imminente arresto del figlio nell'ambito delle indagini sul gruppo terroristico Prima linea. Fu Enrico Berlinguer in persona a sostenere che il premier fosse l'autore della fuga di notizie. In Parlamento la Dc e gli alleati fecero muro e votarono l'archiviazione, ma la polemica costò a Cossiga un periodo di "accantonamento" dai ruoli di primo piano, che si concluse nel 1983 quando fu eletto presidente del Senato.
Il lavoro a Palazzo Madama gli valse il consenso, due anni dopo, per diventare l'ottavo presidente della Repubblica (succedendo a Sandro Pertini) e l'unico mai eletto al primo scrutinio. Il suo mandato fu caratterizzato da due fasi ben distinte. Fino al 1989, fu il "presidente notaio", attento soprattutto a far rispettare la Costituzione, le forme e i rapporti istituzionali da essa regolati. Crollato il Muro, fu come se fosse giunta l'ora, per Francesco Cossiga, di disvelare le ipocrisie e i retaggi che dal passato ingessavano la vita della Repubblica, incluso il rapporto di dipendenza che legava l'Italia agli Usa ed alla sua Intelligence. Si aprì così l'epoca del "presidente picconatore", in cui molte delle figure cardine della storia italiana del Dopoguerra - dai partiti politici con la Dc in prima fila, ai magistrati, dalla Consulta fino alla Cia - furono oggetto di critiche, riletture provocatorie, altolà e polemiche.
Cossiga lasciò il Quirinale -dove peraltro non visse mai nel corso del mandato - il 28 aprile del 1992, con due mesi di anticipo sulla scadenza del mandato e nel pieno della bufera scatenata da una delle sue esternazioni: le rivelazioni su Gladio, la struttura più superficiale e "innocua" della rete atlantica Stay Behind di cui Cossiga si era occupato sin dagli inizi dell'esperienza governativa. Cos'era? In caso di allarme o "pericolo rosso" per lo Stato (sarebbe bastata una maggioranza elettorale di sinistra), cellule dormienti di "civili" fedeli all'alleanza atlantica, recuperando armi Nato custodite in depositi "nasco" sparsi per il Paese, avrebbero dovuto "neutralizzare" gli esponenti di punta della sinistra, del sindacato e dei partiti, che poi sarebbero stati rinchiusi o confinati. Eravamo, insomma, ufficialmente, una democrazia a sovranità limitata e sotto tutela straniera, ma "tutti sapevano", disse Cossiga, accusando il Pci di aver montato il caso per anticipare eventuali altre "rivelazioni" in arrivo da Oltrecortina dopo il crollo del Muro.
Nel luglio del 1994, il tribunale dei ministri (come pure la procura di Roma) dichiarò infondata ogni accusa nei suoi confronti e Cossiga ricominciò a fare politica. Tangentopoli e Mani Pulite avevano nel frattempo concretizzato molte delle sue previsioni sulla fine della prima Repubblica, disperdendo la sua Dc tra centrodestra e centrosinistra. Nel 1998, fondò l'Udr che poi si unì al Cdu e si trasformò nel Ccd. Dietro l'appartenenza o meno a una sigla, da allora Cossiga ha portato avanti la sua attività in Senato e nella politica da battitore libero, valutando di volta in volta, assicurando i voti necessari al varo del governo D'Alema (1998) prima e al secondo governo Prodi (2006) poi, salvo votare un anno dopo la fiducia a Silvio Berlusconi.
Oltre la politica, Francesco Cossiga ha continuato a coltivare i suoi studi (è stato docente di Diritto Costituzionale), la sua cultura vasta e le sue passioni. Dai soldatini da collezione all'esoterismo, dalla letteratura di spionaggio all'Irlanda, un'isola così lontana eppure così simile a quella dove, tra pecore e muretti a secco, era iniziata la sua avventura umana.