venerdì 15 ottobre 2010

Divorziati e separati sono poveri da anni, ma i giornali non lo vogliono scrivere

di Leone Grotti
dalla rivista Tempi


Che i poveri siano nove milioni (Caritas) o sette milioni e 810 mila (Istat), il vero dato è che sono moltissimi. Presidente Fondazione Banco Alimentare: «La cultura radicale del divorzo moltiplica problemi e difficoltà. Lo diciamo da anni. Per aiutare i poveri, lo Stato valorizzi il no profit»


Secondo il decimo rapporto stilato da Caritas Italiana e Fondazione Zancan, pubblicato oggi da Avvenire, i poveri sono otto milioni e 370 mila, più altri 800 mila “impoveriti” in stato di forte fragilità economica. Nove milioni in tutto, quasi un italiano su sei. 

Secondo l’Istat sono 500 mila in meno, ma il problema principale è un altro: «Rilevare il numero dei poveri non è semplice – afferma Marco Lucchini, direttore della Fondazione Banco Alimentare – e non è il caso di fare la battaglia sui numeri. Il dramma è che, chiunque abbia ragione, il numero è molto alto e sono 15 anni che siamo intorno a questa cifra».



Secondo il rapporto della Caritas è la classe media a sprofondare. I più vulnerabili sono la fascia di età di mezzo, separati e divorziati, le donne sole con prole, i precari, i licenziati e cassa integrati, le famiglie monoreddito, le donne con difficoltà a rientrare al lavoro dopo la condizione di maternità. 

Vedere la categoria dei divorziati e separati nel novero dei nuovi poveri è una novità, anche se, afferma Lucchini, è così da tempo: «Da anni noi del Banco Alimentare denunciamo questa cosa, ma i giornali non l’hanno mai voluto scrivere. Il perché è chiaro: nessuno vuole andare contro la cultura radicale, la cultura del divorzio che moltiplica i problemi e le difficoltà. Più in generale, poi, un povero è sempre un uomo solo che non ha più relazioni e rapporti».



In Italia esistono gli strumenti per combattere la povertà, però bisogna usare bene le poche risorse che ci sono e riconoscere a ciascuno il suo ruolo: «Le risorse non sono molte – conclude Lucchini –, il vero problema però è che sono disperse. Lo Stato non può fare tutto, deve dare più credito al no profit e a chi, come noi del banco Alimentare, si occupa di aiutare a stare in piedi le associazioni che offrono assistenza ai poveri. Oggi molte di queste fanno fatica ad andare avanti nell'assistenza. Se lo Stato vuole cominciare a risolvere questa situazione, deve valorizzare il no profit».